Zen Circus tra rock, amore e autoanalisi

“L’ultima casa accogliente” è l’undicesimo album della band, un disco compatto e vario che indaga su noi stessi attraverso il nostro corpo con nove canzoni fatte di testa, cuore e polmoni.

Qualcuno cantava che le canzoni nascono da sole come i fiori, per i Zen Circus invece è curioso come pezzi scritti separatamente e nati da suggestioni diverse vadano poi a formare un’immaginario unico, un’album che non è un concept nelle intenzioni ma che ha un percorso omogeneo e logico.
Cosi si può definire “L’ultima casa accogliente”, disco che parla del nostro corpo come di un rifugio dove si può ricercare la bellezza, il luogo dove ci si può perdonare, capire e conoscere i nostri sbagli, convivere in maniera pacifica coi nostri mostri, il posto dove è ancora possibile la cura ma anche quello dove ci si può sentire prigionieri.
“L’ultima casa accogliente” è anche il nome di un piccolo pub nascosto, scuro, alla periferia di Livorno, un luogo dove raccontarsi storie, magari di corpi malati, corpi liberati, corpi sessualizzati, corpi immersi nel tempo, ognuno ha il suo e la sua storia.
Sulla copertina dell’album Appino, Ufo e Karim, i tre componenti del gruppo, appaiono spogli, trasparenti, sono evidenziati l’ipofisi (che nel mondo greco era la sede dell’anima), il cuore e i polmoni. Una metatrinità, i luoghi dove risiede l’energia per costruire e mettere al sicuro la nostra ultima casa accogliente.
L’album, che doveve essere registrato negli Stati Uniti, a El Paso, ma che causa covid è stato terminato a distanza, è come un film che ti incolla alla sedia, le nove canzoni che lo compongono hanno una forma pop, ma all’interno di questa ci sono diversi esperimenti, testuali e musicali.
“Costretti dentro un corpo e dentro al tempo, ma un giorno tutto questo finirà” ci racconta Appino nella prima traccia “Catrame”, pezzo che parte dal tema della malattia (il tumore combattutto e vinto dal padre del cantante) per poi parlare della nostra libertà che è solo apparente, tema che ritorna anche in “Non” e “Ciao sono io”, che raccontano in forma diversa il cordone ombelicale che ci tiene legati alla nostra infanzia.
Anche il contesto sociale e storico è un freno alla nostra libertà, in “Bestia rara” da un documentario del ’76 si sente la voce di Filomena, ragazza tossicodipendente vessata dai genitori e da un paesino chiacchierone dove essere diverse significava essere “puttane”.
Dal futuro di “2050” al passato recente di “Appesi dalla luna”, scritta l’anno scorso in una malincona Lisbona, l’album alterna l’autoanalisi a riferimenti alla nostra società, chiudendosi con la frase “Dentro a questa casa risorgeremo e sulla notte torna il sereno”.
Il singolo di lancio “Come se provassi amore” è liberamente ispirato al libro “Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé” di Alice Miller.
Il brano è l’ideale prosieguo di “Catene”, brano del 2018 in cui Appino cantava “se l’amore non so darlo, se non ne so parlare”, quell’amore che oggi, liberandosi dal passato, ora il protagonista può vivere con serenità.

Qui il video di “Come se provassi amore”: