Il brillante ritorno dei La Crus

“Proteggimi da ciò che voglio” vede Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti buttare lo sguardo sull’uomo contemporaneo con una visione poetica, sociale ed etica, non dimenticando la loro storia musicale.

Era il 1990 quando, alla fine dell’anno accademico e durante il periodo della contestazione studentesca del movimento della Pantera, all’Accademia Brera di Milano, sullo stesso palco si avvincendarono quelli che qualche anno dopo sarebbero diventati i capisaldi della scena indipendente italiana milanese, in una serata organizzata da Cristina Donà, che intraprese poi la carriera di cantante qualche anno dopo.
Sul palco c’erano Manuel Agnelli coi suoi Afterhours, che ancora non cantavano in italiano, cosi come Edda e i Ritmo Tribale, oltre a Mauro Ermanno Giovanardi e i suoi Carnival of Fools, prima di formare i La Crus insieme a Cesare Malfatti.
Nel 2024, quando i tempi dell’università e della Pantera sono un lontano ricordo, Mauro e Cesare (insieme al coautore dei testi Alessandro Cremonesi e il fido collaboratore Paolo Milanesi) si sono ritrovati da ultra cinquantenni di nuovo come La Crus ad affrontare una nuova fase musicale adulta che comprende ancora i temi sociali, fotografando la realtà che viviamo e riflettendoci sopra, in maniera spesso diretta ma non scontata.
Il titolo dell’album è ispirato da “Protect Me From What I Want”, un’opera dell’artista statunitense Jenny Holzer, che attraverso i suoi “Truisms” (le espressioni artistiche) descrive il tempo e le contraddizioni della nostra società.
Alla produzione c’è Matteo Cantaluppi, loro fan dai tempi dell’adolescenza, e c’è la Mescal, proprio quell’etichetta che negli anni ’90 è stata tra le maggiori fautrici della scena musicale indipendente italiana.
Le nuove versioni di “Come ogni volta” (insieme a Colapesce Dimartino) e “Io confesso” (insieme a Carmen Consoli) hanno anticipato il disco che non è assolutamente rivolto al passato, anzi, parla del presente senza fare sconti e rincorrere le ultime tendenze.
L’iniziale “La pioggia” spiega molto bene quanto noi non sappiamo accettare tutto quello che ci cade addosso senza darne una nostra interpretazione di comodo, spesso non necessaria e costruttiva. Nella canzone “Proteggimi da ciò che voglio” ogni singola parola ha un grosso peso e viene affrontato l’argomento del tempo che non basta mai, mentre “La rivoluzione” (con Slavoj Zizek e Vasco Brondi) centra il concetto in maniera semplice e indiscutibile, cosi tanto che potrebbe persino essere una canzone scartata dall’ultimo Sanremo, o almeno mi sarebbe piaciuto ci fosse stata.
“Shitstorm” è quanto mai d’attualità in questo presente distorto dai social, cosi come “Discromia” e la recitata “Sono stato anch’io una stella” vanno dritte al punto, perchè oggi è necessario essere diretti, e tanto meglio se si sa essere anche profondi.

“Mangia dormi lavora ripeti”, sulla scia dello slogan “Consuma produci crepa” del CCCP, non ha bisogno di tante spiegazioni, è la fotografia odierna di una realtà lavorativa alla quale oggi ci si è rassegnati, sempre che il lavoro ci sia.
I La Crus sono tornati nella loro forma migliore, fortunatamente non rassicuranti, eleganti, curati esattamente come li avevamo lasciati, con l’esperienza di altri 15 anni di carriera che ha sicuramente loro giovato. La musica non è solo mero intrattenimento ma anche uno strumento per crescere e riflettere, tra i diversi artisti che ce lo ricordano ci sono anche loro, a pieno titolo. Ben tornati La Crus.