Idles “Grace”

E’ uscito uno dei dischi più attesi dell’anno nell’ambito rock alternativo mondiale.
Gli Idles arrivano da Bristol e fin dai loro esordi si sono affermati tra le nuove leve del movimento post punk, mischiando rabbia, originalità e sperimentazione.
Il loro quinto album “Tangk” dimostra quanto oggi le etichette e i clichè che si legano alla definizione “rock” siano assolutamente inutili, le chitarre vengono spesso sosttuite da uno strato di elettronica, la rabbia degli esordi è mediata da un nuovo modo di intendere la musica.
La cifra stilistica di “caos organizzato” dei primi Idles viene affiancata da qualcosa di più stratificato, grazie a ben tre produttori: il mostro sacro del rock Nigel Goldrich (già al lavoro con Radiohead, Rem Pavement e tanti altri), l’emergente dell’elettronica Kenny Beats e il chitarrista e anima del suono della band Mark Bowen.
Il cantante Joe Talbot ha dichiarato di essere in una fase serena della propria vita e di avere scritto canzoni d’amore e brani che prima non avrebbe mai immaginato di poter cantare.
Il risultato è un album affascinante, sorprendente, con metà dei brani ipnotici e cantautorali ed altri dove ci si può ancora scatenare come ai vecchi tempi, ma con molto meno foga e oscurità.
Prendiamo ad esempio “Roy”, un mischione tra un brano epico, melodico e qualcosa di più rabbioso, l’assurda contaminazione tra rabbia rock e pista da ballo di “Dancing”, realizzata insieme a LCD Soundsystem, oppure brani inafferrabili come “Pop pop pop”.
Ad accompagnare “Grace”, il singolo di lancio dell’album, un’idea visiva geniale: sarà perché qualcuno all’interno della band ci ha pensato ascoltando il risultato finale facendosi venire in mente i Coldplay, fatto sta che il video, realizzato con il benestare e la collaborazione con Chris Martin, è una versione della celeberrima “Yellow” modificata con l’intelligenza artificiale.
E’ inquietante effettivamente vedere il giovane Chris Martin muovere il labiale in perfetto sincrono con “Grace”, brano ipnotico soft ma che sotto ha un fuoco che brucia, un po’ come la creatività di questi geni di Bristol.