*OMAGGIO* Peter Green’s Fleetwood Mac “Black Magic Woman” – 1969 –

Ci ha lasciato da poco un chitarrista da molti considerato fondamentale per lo sviluppo e l’affermazione del blues inglese che sarebbe presto confluito nel pop.
Vi sto parlando di Peter Green, chitarrista e cantautore che ha cominciato la propria carriera sostituendo nientemeno che Eric Clapton nei Bluesbreakers di un certo John Mayall, cosi facendo vi ho appena nominato una triade che già da sola basterebbe a garantire qualità.
Il bello (e purtroppo anche il brutto) sarebbe arrivato per lui tra il
1967 e il 1970: Peter, insieme al batterista Mick Fleetwood fonda i
Fleetwood Mac, scrive pezzi memorabili come «Albatross», «Oh, well» e «Black magic woman», insieme al gruppo incide quattro album in due anni vivendo a mille sia la sua creatività sia la vita da rockstar.
Il suo primo album solista “The end of the game” del 1970 è considerato uno dei dischi più avanguardisti e ispirati della storia, ma proprio da quel periodo per lui cominciano i problemi.
Si sa che ai tempi le sperimentazioni non erano solo musicali e Peter ha pagato a caro prezzo la sua esperienza con l’LSD rischiando di diventare un altro Syd Barrett, il genio dei Pink Floyd che non si riprese più.
E così (quasi) è stato: estromesso dai Fleetwood Mac per una diagnosi di schizofrenia, Peter ha passato gli anni ‘70 tra istituti psichiatrici, ricoveri e persino un elettroshock per poi risorgere miracolosamente nel 1979 come fosse una persona nuova e pacificata, pronta per la carriera solista.
A fargli vedere la vita in maniera diversa è stata anche un’esperienza nei Kibbutz, comunità situata nello stato di Israele dove il lavoro, la comunanza e l’annullamento di ogni proprietà privata costringere gli uomini ad aiutarsi e a liberarsi del superfluo.
Così, in punta di piedi Peter torna alla musica ricominciando negli anni ’80, con produzioni blues di basso profilo per poi riunire le eccellenze del genere (Nigel Watson e Cozy Powell su tutti) nei suoi Peter Greeen Splinter Gruop coi quali ha inciso otto album tra il ‘97 ed il 2003.
Nel ‘98 è stato inserito nella Rock & Roll Hall of Fame e più volte ha raccolto attestati di stima: B.B.King, ad esempio lo ha definito l’unico capace di provocargli grandi emozioni, Mick Fleetwood ha organizzato un Peter Green Tribute a Londra: sul palco erano saliti Pete Townhend, David Gilmour, Billy Gibbons, John Mayall, Steven Tyler e Jonny Lang tra gli altri, tanto per dimostrare l’affetto intergenerazionale che circondava il leggendario Green, negli anni diventato sempre più riservato e schivo.
Ci ascoltiamo la sua voce e la sua chitarra (la mitica Les Paul, usata anche da Gary Moore e ora passata di proprietà a Kirk Hammet dei Metallica) in una canzone scritta da lui ma che ha avuto molto più successo nella versione di Santana, “Black Magic Woman”.