Il ritorno dei Modena City Ramblers

Mani come rami, ai piedi radici è il quattordicesimo album nella carriera ormai ultraventennale della band modenese, da sempre portabandiera del genere “combat folk” influenzato dagli irlandesi Pogues ed i Clash e da un mix tra Sudamerica, Messico, Europa dell’Est in musica.

Quattro anni fa nel doppio disco Niente di nuovo sul fronte occidentale i MCR proponevano canzoni basate su fatti di cronaca o avvenimenti storici, ora spostano l’ attenzione dell’ ascoltatore sull’ onda emotiva di testi evocativi e musiche che ancora di più sottolineano le loro influenze musicali, che siano celtiche, latino americane o da “Pachanka”.

Il titolo del disco è contenuto nella traccia iniziale “Trî Bicēr Ed Grâpa”, folk trascinante nel loro stile, un salto in un pub irlandese in piena festa, a seguire la più lenta e riflessiva “Grande Fiume”, a ricordarci le due facce della loro musica, quella d’ assalto e quella riflessiva.

Gaucho, io e te” è uno scatenato pezzo nostalgico e “My Ghost Town” è una inaspettata e prestigiosa collaborazione con i Calexico, storica band dell’Arizona che ha arrangiato e suonato in parte un pezzo tra country e western, tendendo un ideale ponte tra Emilia e Messico, una risposta musicale ai muri di cui tanto oggi si parla.

A distinguersi nell’ ultima parte del disco sono la delicata “A un passo verso il cielo” e la scatenata “Regas pin de stras”, cavalcata capace di scuotere chiunque e che li fa meritare palchi gloriosi quanto quelli di Vinicio Capossela e Mannarino, nel segno del folk di qualità e che sa usare in maniera intelligente anche il dialetto.

A lanciare l’ intero album l’ inno alla libertà “Volare controvento”, accompagnato da un video per la regia di Andrea Fontanesi che vede i protagonisti della band nei panni di marionette umane che suonano per una platea di bambini e che riescono a liberarsi dai loro fili.