Motta “E poi finisco per amarti”

Lo stile di Motta è biografico, minimimalista, la sua musica è una sorta di diario aperto, di racconto, un flusso di coscienza.
Nato a Pisa da famiglia livornese, Francesco Motta nel 2006 è tra i fondatori del gruppo Criminal Jokers, base delle sue frequentazioni musicali e non, essendo questi prodotti da Appino, frontman dei suoi amici fraterni Zen Circus, note sono anche le sue collaborazioni con Nada, Giorgio Canali, Il Pan del Diavolo e Giovanni Truppi.
Ma è dall’album “La fine dei vent’anni” (2016) prodotto da Riccardo Sinigallia, che Motta comincia il suo racconto aspro, che si tinge leggermente di pop in “Vivere o morire” (2018) e che ora continua con “Semplice”, album che conferma l’identità di Motta, poco incline a smussare i propri angoli, confidando anche nella collaborazione con Mauro Refosco e di Bobby Wooten, musicisti di David Byrne.
L’album si apre con “A te”, un chiaro omaggio a Lou Reed e ai Velvet Underground e ai Beatles psichedelici.
Non è lontanissimo da quell’ambito anche “Via della luce”, che parla della difficoltà di scrivere.
“Qualcosa di normale” è un brano cantautorale tradizionale italiano che prende in ballo amore e amicizia, alla Francesco Guccini, dove canta insieme a lui la figlia Alice.
“Quello che non so di te” si apre a un rock alla Cure o, se vogliamo, a qualcosa che può appartenere ai suoi amici Zen Circus.
“Semplice” torna dalle parti di Tiromancino e Riccardo Sinigalliia,
“Le regole del gioco” ha un forte sapore folk alternativo, un genere è veramente poco battuto, quindi gli va datto atto della coraggiosa scelta.
“L’estate d’autunno” dinamiche amorose mentre “Dalla parte del tempo” spicca per la scrittura e le variazioni tra archi e distorsioni.
I suoi pregi sono anche i suoi limiti, questo partire in ogni brano sempre dalle parole, questo suo essere spesso cupo e dolente.
Il valore di Motta è palpabile, lui stesso sa quanto sia in grado di fare la differenza oppure di annoiare, l’importante è seguire un’identità, un racconto, che è poi il suo.
A rappresentare l’album c’è un brano che in poche parole spiega tutto di un rapporto tra due persone, “E poi finisco per amarti”.